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La Commedia inumana di Claude Chabrol

E’ possibile vivere senza mentire mai, almeno un poco, su qualcosa che riguarda se stessi o i propri rapporti col mondo?
Il fil rouge che lega questi film è una riflessione sull’inesistenza della
verità, sul chiaroscuro tra innocenza e colpa. Mentire, omettere qualcosa di sè
nel manifestarsi anche ( o soprattutto?) alle persone con cui si dovrebbe avere
più intimità… Insomma la menzogna come regola del meccanismo sociale, della
comunicazione e come fondamento di una comunità, specie se piccola o chiusa
come quella di provincia dove gli occhi di tutti sono reciprocamente puntati
addosso.

E’ l’equilibrio precarissimo tra apparenza e verità con cui Chabrol si
è confrontato in tutto il suo cinema. L’ambiguità, la non chiarezza, il
nascondersi dietro a una verità facile e di facciata. Come un gorgo, lento,
progressivo, avvolgente in cui Chabrol si addentra senza dare l’impressione di
voler cercare risposte. Non a caso i finali sono aperti. Si può dire che
Chabrol abbia ribaltato dall’interno la logica del giallo classico (genere
deputato a rassicurare il pubblico confortandolo con la finale punizione del
colpevole e con il ristabilimento dell’ordine turbato), immettendovi elementi
di inquietudine e problematicità tali da lasciare piuttosto turbati. Ciò che
interessa a Chabrol sono le persone, i volti, le re(l)azioni umane e la società
borghese. Società di replicanti in cui vivono tutti allo stesso modo,senza
sussulti, senza emozioni e con il preciso compito di eliminare o rendere
inoffensivi i corpi estranei: i talentuosi,i creativi, gli esseri troppo
sensibili, le individualità, gli originali.

Lorenzo Starita